Economia

Il porto alza la voce sull'Allegato VIII: "Roma dica a Bruxelles come stanno le cose"

Zeno D'Agostino, i rappresentanti dell'Agenzia delle dogane e della Confederazione del comparto logistico sono stati ascoltati durante i lavori della I e IV Commissione consiliare. Politica concorde nel sostenere le "enormi opportunità"

Il porto alza la voce e chiede al governo che lo speciale regime di porto franco dello scalo giuliano, derivante dall’applicazione dell’allegato VIII del Trattato di Pace di Parigi del 1947, venga correttamente comunicato a Bruxelles affinché Trieste venga aggiunta alla lista dei dieci punti extradoganali dell’Unione Europea già esistenti.

L'extradoganalità di Trieste in Consiglio

Oggi pomeriggio il dibattito sulla “valorizzazione del punto franco quale occasione per lo sviluppo della città” è nuovamente approdato in Regione e ha incassato, dopo la proposta di discussione presentata da Fratelli d’Italia, la convinta adesione di tutte le forze partitiche presenti in aula. Rallentato dalla burocrazia dei palazzi romani, l’iter per agganciare le enormi opportunità che l’applicazione della legge porterebbe allo scalo, ora ha bisogno che vengano esercitate pressioni politiche per vedere riconosciuti quei diritti che il Trattato del 1947 e il Memorandum del 1954 garantiscono al porto.

L'opportunità

La svolta cruciale potrebbe essere rappresentata dalla possibilità di trasformare le merci all’interno del porto franco, così da ottenere “un’origine italiana e quindi comunitaria”. Regolato dal Trattato, lo speciale regime non è, secondo Stefano Visitin, presidente degli spedizionieri triestini “un buco nero nel panorama legislativo” e neanche un luogo dove “pagare meno i lavoratori o non essere soggetti a controlli da parte della Guardia di Finanza o dell’Agenzia delle Dogane”.

L'unicum

La scintilla sarebbe quella derivante dalla nascita di "un'origine dei prodotti ottenuti dalla lavorazione” all’interno dello scalo giuliano e aumentare così il valore della merce in transito. “Arrivando in quella zona che si trova oltre la linea doganale europea – è stato spiegato – la si potrebbe trasformare in maniera conveniente”. L’extra doganalità del punto franco triestino rappresenta un unicum in territorio italiano ma i numerosi governi “non hanno mai comunicato correttamente all’Unione Europea il suo status” così Visintin.

Il problema è politico

Quello che Zeno D’Agostino ha definito nient’altro che “un problema politico”, per moltissimi decenni è stato sfruttato da posizioni partitiche e di comodo. Per alcuni paesi dell’Unione Europea, che già esercitano la loro sovranità in aree extradoganali come Ceuta, Melilla, la Groenlandia (D’Agostino ha ricordato l’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di volerla acquistare ndr), le isole Far Oer, Helgoland, la Nuova Caledonia e la Polinesia, evidentemente questo problema non se lo sono mai posti.

Le parole di D'Agostino

“Siccome il mio ruolo è dare valore al posto dove lavoro – ha riferito il presidente dell’Autorità Portuale – in quell’allegato VIII si dice chiaramente che nel porto franco di Trieste si applicano i migliori benefici esistenti al mondo e, non ultimo, che si può adeguare alle migliori condizioni esistenti”. Il tema dell’extradoganalità dello scalo retto dal manager veronese è al centro del dibattito locale da molto tempo. “Gli altri ci mettono sotto ed io devo sentirmi dire che Trieste non è territorio extradoganale o che noi aiutiamo altri come la Cina?” ha tuonato D’Agostino.

L'asse Trieste-Roma

Chiedendo di “stare tutti dalla stessa parte”, il presidente ha ribadito la tesi secondo cui “il trattato internazionale deve essere rispettato perché così facendo li porto franco può essere il vero luogo dove le nostre imprese possono tornare ed iniziare ad essere aggressive sul mercato”. D’Agostino ha ricordato l’impegno del ministro Stefano Patuanelli e la natura politica del problema. “Abbiamo la legge dalla nostra parte e bisogna dire a Roma che si sono dimenticati di Trieste”.

Il porto come altri 76 in Europa 

Le attività di trasformazione possibili all’interno del porto franco rappresenterebbero un asse fondamentale per il settore dell’export. Al momento Trieste risulta essere equiparata ad altre 76 zone franche europee. Secondo Visintin “la soluzione deve essere drastica: il governo italiano deve comunicare correttamente alla Commissione Europea affinché il porto venga inserito nella lista delle aree non doganali dell’Unione”.


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