Cronaca

I messaggi dietro a quel video, perché "Troie&Droghe" dice di più di ciò che pensiamo

Dopo la bufera che ha coinvolto Depra e Senx, i due rapper triestini che hanno girato il videoclip dentro al cimitero militare di Aurisina, le reazioni si sono sprecate. Tra chi li ha già ghigliottinati in piazza Unità e chi li vuole alla sbarra, abbiamo ascoltato la canzone e vi spieghiamo perché dietro c'è molto di più

Il duo (frame dal video)

TRIESTE - E' bufera sui due giovani rapper che hanno girato il videoclip di "Troie&Droghe" all'interno del cimitero militare austroungarico di Aurisina, sul Carso. I giovani, nonostante le scuse pubblicate su Instagram, rischiano tanto. Il sindaco di Duino Aurisina Igor Gabrovec ha presentato un esposto, chiedendo il vilipendio delle tombe; dietro a lui, è stata la volta del generale Gualtiero Mario De Cicco, commissario generale per le onoranze ai caduti che ha definito "grave, offensivo e oltraggioso" il comportamento dei due ragazzi. Le reazioni politiche si sono sprecate, una adunata contro la coppia e la canzone, contro i gesti e le intenzioni, incendiate dagli articoli giornalistici. Tutto come da copione. 

I ragazzi hanno sbagliato

Prima che salti in mente di interpretare il tutto e lasciare agli specialisti del web la traduzione della morale, una cosa va detta: i ragazzi hanno sbagliato. Lo diciamo perché sì, a differenza di molti opinionisti o professoroni, in quel cimitero, noi, ci siamo stati. Più volte. In una ricerca di qualche anno fa ho contato quei ragazzi, ho cercato i cognomi, mi sono inginocchiato e ho ascoltato il silenzio di quella immane tragedia, qual è stata la Grande guerra. Il mio bisnonno ha combattuto nei Carpazi, in divisa asburgica, contro i russi. Sì, quella memoria è anche mia. Ed allora mi sono chiesto, ragionado oggi sull'infuriare del vortice mediatico che è scaturito dalla vicenda: "cosa ne sanno quei ragazzi di quei morti?". 

Un enorme grido di dolore

"Niente" mi è stato risposto da un amico che coi giovani ci lavora ogni giorno. "Sono dispiaciuti, davvero". Così mi sono chiesto un'altra cosa. Non ho cercato il motivo del videoclip. Non mi interessa sapere perché hanno scelto un posto "che potesse incutere tristezza" [cit.]", ma ho scelto di ascoltare, non più il silenzio, ma le loro parole. Perché poi, quelle parole, qualcuno le ha ascoltate veramente? "Dal correvo forte, mi hai raggiunto e mi hai rotto il cuore" fino a "dopo mi chiedi perchè mi drogo", il testo rappresenta un enorme grido di dolore e la richiesta di aiuto. I ragazzi, come quel 30 per cento che secondo l'Istituto Superiore di Sanità vive un "distacco psichico", vivono male in questa società. Sarà perché molti fanno uso di sostanze stupefacenti? Certo. Sarà perché l'età in cui si iniziano ad assumere cocaina ed eroina si è clamorosamente abbassata? Sicuro. Sarà perché di droga ne gira veramente tanta, anche nella scintillante Trieste? Potete scommetterci (o chiedere ai reparti antidroga delle forze dell'ordine, se li riconoscete). 

La lista delle possibili ragioni

Ma ci sono una marea di ulteriori motivazioni. Ci sono ragazzi che vogliono uscirne, da quel tunnel. E a volte, sì, lo fanno attraverso gli strumenti che noi adulti pensiamo di riuscire a dare. Ma in realtà no, non siamo in grado, abbiamo perso di vista totalmente la direzione, quel sentiero che i ragazzi stanno, a fatica, percorrendo. Loro due hanno scelto la musica, ma avrebbero potuto scegliere qualsiasi altra passione, o materia. Sia chiaro: questo editoriale non è una giustificazione del comportamento dei due. Anzi. Il mio bisnonno, esule istriano e morto 50 anni fa, si sarà rivoltato nella sua tomba, a Sant'Anna. Ma quando nel testo trovano spazio frasi come "sto pensando solo a suicidarmi" o "ossiccodone, drogami il cuore, ho ancora addosso il tuo odore", è perché lo strazio che provano è devastante. In un caso potrebbe anche essere una storia d'amore finita male (è questo il caso?), o semplicemente il tentativo di gridare al mondo che no, le cose non vanno per niente bene. "Io mi odio più degli altri" cantano. 

Due anni e mezzo di Covid

Due anni e mezzo di pandemia alle spalle, una didattica a distanza che ha limitato molti danni - producendone altrettanti, irreversibili. Nessuna relazione, mesi chiusi in casa, con le pulsioni adolescenziali - chiamiamoli ormoni, suvvia - letteralmente impazzite, rinchiuse dentro a grandi promesse annunciate, con poche, pochissime quelle mantenute. Oggi un amico mi ha detto in dialetto: "Ogni generazione ga i suoi gronghi". Vero. Questa più degli altri, permettemi. Noi non avevamo gli strumenti per gridare al mondo i nostri dolori, ma qualche cazzata l'abbiamo fatta tutti. E no, risparmiateci il moralismo da quattro soldi per cui le teste di Depra e Senx (questi i nomi d'arte che si son dati) già rotolano in piazza Unità, decapitate da una ghigliottina circondata da applausometri social. Questi ragazzi hanno qualcosa da dire e se nessuno li ascolterà , allora sarà molto peggio di un video in un cimitero militare. Volete condannarli e metterli alla sbarra? Fate pure. Non risolverete il problema, il disagio, la poliassunzione, i sabato sera dove non c'è niente da fare. Ah sì, un'ultima cosa. Il ritornello della canzone dice che le: "troie" e le "droghe non mi fanno stare bene". Mica il contrario. 


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