Cronaca

Intervento: " Illy da Prodotto a Marca"

Il paesaggio in divenire delle merci come marche: l'esempio di Illycaffè. Credo che siamo tutti concordi nel decretare che la nostra società sia  "la società del consumo "per eccellenza,  e che inevitabilmente la forma-merce ha preso il...

Il paesaggio in divenire delle merci come marche: l'esempio di Illycaffè.

Credo che siamo tutti concordi nel decretare che la nostra società sia "la società del consumo "per eccellenza, e che inevitabilmente la forma-merce ha preso il sopravvento su qualsiasi altra dimensione sociale e politica: sono le merci a dominare il mondo e produrne e gestirne le regole, merci che assumono oramai scale e forme apparentemente non così riconoscibili, spesso nemmeno agli occhi di in designer e architetto, come chi scrive.
Infatti se guardiamo la scala dell'architettura ad esempio, ci accorgiamo che la merce sta riempiendo le nostre città sotto forma di edifici che si auto-celebrano e narrano in maniera solipsitsica, spesso avulsi da ogni pianificazione e strategia urbanistica.
La finanza ci governa, non a caso si parla oggi di marketing territoriale, perché anche le stesse città, non solo le architetture, quando anche i territori, sono diventati merci, ovvero oggetti complessi di cui serve appunto un marketing, una pianificazione strategia in termini di comunicazione e commercializzazione.

Questo scenario può piacere o meno, inquietare piuttosto che rassicurare, ma non sarebbe completo senza fare i conti con un elemento fondamentale di tale nuovo assetto sociopolitico: la marca.
La marca infatti è il vero garante di tutto il sistema, colei che definisce il valore delle cose, il prezzo economico da un lato, ed il significato della merce stessa dall'altro. Infatti le merci esistono in quanto di marca o non di marca, e peggio ancora oggi si dice "è di design", riletto al "non è di design"?facendo così coincidere le due cose: marca uguale design.
Non esiste design se non esiste marca e viceversa.
Sembra banale forse, ma è così. Dall'altra parte esistono progettisti e architetti "normali" e poi ci sono le "archistar", coloro che hanno il dono innato della creatività e di far diventare "di design" tutto ciò che toccano, forse.

Ma dove nasce il potere della marca (e quindi del design) e come lo si gestisce? Domanda fondamentale per noi tutti in quanto consumatori, ma ovviamente ancor più significativa in special modo per chi si occupa di design e progettazione. Spesso infatti il progettista si concentra sul prodotto, sulla fisicità di ciò che vorrebbe generare e produrre, trascurando il valore sottile, ma pervasivo e potente della marca. La marca infatti attua come un serbatoio semantico, ovvero come un contenitore di valori, come garante verso criteri di qualità ed esperienza.

Questo forse perché ancora qualcuno crede nella funzionalità, ovvero che l'oggetto serva davvero, che l'oggetto "faccia qualcosa", risponda ad un bisogno: ahimè, nulla di tutto ciò accade quasi più oggi. Ai giorni nostri l'oggetto seduce, bisbiglia promesse ammiccanti, serve ad essere esibito e quindi ad esibirsi, ad accendere o esaudire desideri: il mondo della funzione è tramontato e l'oggetto è storytelling, narrazione, racconto: la marca quindi ne diventa l' autore, il garante, il produttore.
Non a caso siamo credo la società con il lato di narcisismo più alto e diffuso di tutta la storia dell'umanità: il successo è quanto decreta spesso (troppo spesso) la felicità: successo professionale, successo commerciale e quindi successo comunicativo. Ognuno di noi tende a comportarsi e muoversi come una marca, come il prodotto di se stesso.

Dalle parti del nordest italiano ho avuto anni fa previsioni chiari e lungimiranti di tutto ciò, attraverso una grande marca triestina con cui ho avuto la fortuna di collaborare, e oramai nota in tutto il mondo: Illycaffè.
Allora ricordo che , arrivando a Trieste, innanzitutto mi chiesi: ma cosa ne sappiamo noi italiani di caffè?
Lo coltiviamo e lo produciamo forse? L'abbiamo inventato noi? Certo che no.

Ma ne siamo stati però in tempi passati trasportatori ed importatori, quindi tostatori in zone franche come i nostri porti e poi, di conseguenza, grandi bevitori: si pensi che ne consumiamo 226 mila tonnellate all'anno, che vuol dire solo di consumi al bancone bar un 7 miliardi di tazzine.

Quanto basta per giustificare la panoplia di marche che abbiamo in Italia oggi, quanto l'eccellenza assoluta di un nome come Illy, che della sua marca (avendo poi 2 sole miscele) ha fatto il vero tesoro: negli anni infatti la marca ha preso forma, diventando design, diventando packaging originalissimo, diventando tazzina decorata da artisti, diventando flagshipstore.

Personalmente ho aiutato Illy ad estendere ancora di più la sua marca verso tutto quanto sta intorno al caffè o ne è un suo derivato eccezionale: cioccolatini prima, gelati al caffè poi, caffè freddo e bibita infine.

Alla fine Illy è fortissimamente una marca (pur non essendo leader di mercato), prima ancora di un prodotto,
anche se quello è quanto consumiamo fisicamente: ma è il brand che lo sostiene, sementicamente, e che garantisce il legame tra passato e futuro.

Un insieme di valori fatto di qualità, passione, eccellenza, italianità e design: Illy sta nel gotha di marche celeberrime del Made in Italy e del lusso, può vantare il pedigree di una Ferrari o di un vestito di Prada, anche se poi alla fine è solo una tazza di caffè: ma non è appunto solo una tazza di caffè.

Un prodotto non è solo un prodotto, è anche e soprattutto la parte tangibile di una marca. Verrebbe da parafrasare il grande Magritte "Ceci né pas un pipe" con "questo non è (solo) un prodotto". La marca è, con i suoi valori intangibili e sensoriali, il vero prodotto, che piaccia o meno.

Oltretutto, sarà un ennesimo paradosso, ma se penso alle pipe non mi viene in mente ancora nessuna grande marca del lusso che se ne sia appropriata, nemmeno nel triestino: forse c'è ancora speranza allora?