Cronaca

A vela da Trieste a Hong Kong, verso Alessandria d'Egitto

Fabrizio Pizzioli e Matthew Hampton Wakelling stanno compiendo un viaggio straordinario dall'Adriatico alla Cina, navigando idealmente sulla via della Seta. "We sail the silk road" è il nome della loro impresa. Nell'articolo il racconto della TERZA settimana

Terza settimana di diario di viaggio per Fabrizio Pizzioli e Matthew Hampton Wakelling. La scorsa domenica li avevamo lasciati mentre si dirigevano verso il canale di Suez. Ricordiamo che i due amici infatti sono partiti da Trieste il 3 marzo scorso e, secondo il programma, giungeranno circa tra tre mesi in Cina. Su questo sito è possibile seguire le loro gesta giorno dopo giorno e rimanere aggiornati sull'andamento del viaggio. In questi giorni si stanno avvicinando all'affascinante Alessandria d'Egitto. Di seguito il diario della terza settimana.

19 marzo - Heraklion: ci lecchiamo le ferite

Poco male. Ce l’abbiamo fatta – 160 miglia in una notte e poco più. Ridiamo.
Siamo ormeggiati poco lontano alla Costa Venezia, che avevamo lasciato una settimana prima a Trieste. Si alza la tempesta di nuovo. Le onde del mare entrano in porto superando la diga. Assicuriamo gli ormeggi assieme ai nostri vicini Israeliani e di sera ci concediamo un po’ di riposo in un piccolo e solitario ristorantino accolti dall’ospitalità genuina di Spiros. Sono 36 ore che non tocco cibo, ma non è per questo se quello che serve Spiros ci appare delizioso: triglie fritte, insalata greca e mini sarme (sono davvero ottime). Dopo, solo un bel meritato sonno.
La barca ha subito il colpo della tempesta. Non funziona quasi più nulla: autopilota fuori uso, GPS fuori uso, radar Fuori uso, pompa dell’acqua fresca fuori uso, velocità e profondità fuori uso, più un piccolo danno al Genoa. Cima attorcigliata all’elica e al timone bloccano il motore. La macchina fotografica nuova fuori uso: 2050 euro di conto del rimorchiatore. Sembra un bollettino di guerra!
Il mattino seguente ci mettiamo al lavoro e smontiamo il Genoa. Troviamo una veleria a 80km da Heraklion, un tipo tedesco fa lavori sulle vele. Ma come portare la vela fino al villaggio in mezzo alle montagne? Semplice! Compriamo un biglietto dell’autobus per la vela, la carichiamo sul bus pubblico e le raccomandiamo di non parlare con gli sconosciuti. A 80km potrà scendere per le riparazioni. Al ritorno stessa storia al costo di 5 euro andata e 5 ritorno.

Dopo due giorni abbiamo recuperato la funzionalità di quasi tutti gli strumenti. Abbiamo di nuovo acqua corrente e abbiamo individuato l’origine dei problemi di tensione delle batterie: il cavo negativo delle batterie al quadro elettrico era lasco e i movimenti della barca staccavano il contatto facendo perdere potenza. Una cavolata del genere ci ha messo in ginocchio ma ci ha anche insegnato tanto, come l’importanza dei dettagli, la lezione che i problemi sono come le ciliegie e un nuovo metodo di lavoro: risolvere un problema alla volta e ripristinare immediatamente le condizioni. Sia in navigazione che a terra.
Stasera si festeggia con l’agnello da Spiros.

19 marzo bis - La macchina fotografica e il salame

Ero disperato perché senza macchina fotografica il reportage del viaggio sarebbe stato gravemente compromesso. Heraklion non offre nessuna possibilità di riparazione. È la fine. Ho girato tutto la città perdendomi in pensieri, guidato dagli odori, attraversando strade e vie che in alta stagione devono essere uno sfacelo di inglesi ubriachi e turisti insipidi, ma che ora riserva un fascino mediorientale che mi fa sentire a casa, come se appartenessi a questi luoghi.

Fantasie di mille vite in ogni finestra, in ogni angolo, ristorante, mansarda: potrei vivere qui con Andreea. Le piacerebbe sicuramente la gente cortese, ospitale, vera, diretta e sorridente. Una gentilezza che dovremmo esportare a Trieste e che senti immediatamente con la pancia. Alla fine del mio disperato peregrinare senza una soluzione, mi si palesa un angelo sotto forma di gig in un centro di riparazioni di computer. Theo trova l’insperata soluzione è la macchina miracolata riprende a fare foto. Non ha voluto neanche un soldo. Stasera gli portò un regalino, un salame italiano che mi sono portato da Trieste.

20 marzo - Da Heraklion a Port Said

La tempesta ci è costata sette giorni di sosta a Heraklion. Posto da andarci a vivere Creta, un paradiso terrestre molto Omeriano. Gente fantastica, cittadina semplice e poco presuntuosa dove poter scomparire. Montagne innevate sovrastano un’isola lunga che fa pensare agli Dei e alla Nuova Zelanda. Anche al signore degli anelli: i cretesi sono gli hobbit. Nemesis ha recuperato tutte le sue funzionalità. Il motore non ha subito nessun danno, i sistemi elettronici sono ripristinati completamente e l’origine dei problemi individuata e risolta – una cazzata pazzesca, il cavo negativo delle batterie dietro il pannello degli strumenti era mal connesso. Sostituito il sensore della pompa dell’acqua. All in all, abbiamo messo la barca sottosopra ed abbiamo tutto sotto controllo.
Il viaggio da Trieste a Heraklion è stato un allenamento introduttivo e un test per la barca e per noi: esito positivo e molta più fiducia nella missione. Adesso inizia la vera avventura! Abbiamo anche eliminato l’elemento di disturbo delle nostre collaudate dinamiche di vita e modalità decisionali. Senza Mr. Martin Magoo ci avventuriamo nel cuore del Mar Mediterraneo con molta più serenità e fiducia puntando a Port Said.
Le previsioni dicono poco vento, pazienza. Ci serviranno 4 giorni di navigazione fino all’entrata del canale di Suez. A tutta forza verso sud. Se Dio vuole inizieremo a riscaldarci un po’.

Stasera abbiamo mangiato in coperta un eccellente agnello al limone, tzatziki e riso. Semplice come il sapore del bicchiere di OUZO con cui l’abbiamo accompagnato. La luna è quasi piena e luminosissima, per la sesta volta i delfini vengono a salutarci e giocano con noi. Cala la notte e fra sei ore inizieremo a lasciarci Creta alle spalle ma più che a Suez penso a casa, dove c’è bisogno di me.
Non posso concepire che una ragazza debba andare a lavorare per guadagnarsi il pane e debba ricevere minacce di morte al Giulia da parte di un gruppo di drogati che frequentano il centro!? A me pare assurdo e la cattiveria di chi se la prende con i più deboli mi fa salire il sangue al cervello. Non posso che dedicarmi nell’impotenza della mia lontananza a propositi violenti e vendicativi. Ulisse torna a Itaca e stermina tutti i Proci senza l’ombra di un velo di pietà…

20 marzo bis - Il concetto del tempo

La barca a vela stravolge il tuo concetto del tempo, la relazione con esso e il suo valore. Di tempo non ne abbiamo mai sulla terra ferma. Siamo talmente abituati a violentarlo, maltrattarlo, controllarlo. Sul mare diventa invece una dimensione naturale e necessaria che piano piano si impara ad accettare, prima con un po di riluttanza, poi con rassegnazione e infine con entusiasmo. Diventa un’arma in più ed è obbligatorio usarlo. Non possiamo essere avari di tempo, altrimenti ci mettiamo nei guai.
Contro il Dio di PredictWind, ci sono state più di 24 ore di pressoché piatta totale con venti fra 2 e i 6 nodi – per inciso, rido dentro di me perché Matt e io abbiamo atteggiamenti completamenti diversi verso la tecnologia delle precisioni del tempo. Lui crea dei modelli di percorsi da punto a punto con mille variabili e con l’orario preciso di arrivo tre giorni dopo. Io li guardo pure, ma sono ormai due settimane che osservo in silenzio la discrepanza fra grafici, proiezioni e realtà, quindi le uso nella misura in cui posso aiutare a valutare i rischi di una decisione o dell’altra. Non è come il navigatore satellitare di Google Maps che da San Francisco a New York ci azzecca con un margine di errore di 10minuti...

21 marzo - Un’altra frontiera

Ieri mattina all’inizio del mio turno, verso le 6, mi è venuto un mezzo colpo perché la lenza che era allo strascico dietro alla barca ha iniziato a far girare violentemente il mulinello. Entusiasmo – “quando Matt si alza sai che bella sorpresa, finalmente il coltello di Yousaf vedrà un po d’azione”, pensavo tra me e me. Mi metto in posizione, lascio che corra, tirò un pochino e così via, come avevo visto nei cartoni animati giapponesi da piccolo. Non so se la realtà dei disegni giapponesi corrisponda a quella del Mediterraneo ma senza neanche avere il tempo di pensare, il pesce con un colpo improvviso strappa la lenza e rimango senza peso sulla canna che quasi finisco in mare. Mi viene da piangere.
Medito di comperare una lenza più grossa. In qualche modo non è un fallimento completo, penso. Ma che voglia di averlo in barca e sfilettarlo, che delusione! Si impara. Sicuramente la velocità della barca è cruciale, dopo i 6 nodi niet. Bisogna insistere! Durante la giornata continuiamo la pesca, visto la scarsa attività velistica. Trascino altre due lenze per vedere se la statistica aiuta. Più biglietti della lotteria, più possibilità di vincere: non si scappa. Invece nulla…
Ma ci sono dei segnali positivi: due dei pesciolini e in particolare quello più grande – 22 cm di bestia di plastica dura con le sembianze di un sgombro – mostra dei segni profondi sulla schiena, qualche pesce l’ha azzannato, scalfendo la dura plastica. Un barracuda, un piranha, uno squalo... che segni ragazzi! Per la prossima cima nell’elica tocca a Matt, io non ci metto più piede in mare!!!
Verso le 7 di sera con un secchio mi lavo con l’acqua di mare, sento il bisogno di toccarlo, di avere salinità e la freschezza sul viso, di essere connesso fisicamente. Risvegliato dalla secchiata d’acqua in testa e con entusiasmo per i colori dell’imbrunire, dico a Matt “It’s time, I feel we gonna catch a fish now”. Da non credere! Due minuti dopo il mulinello comincia a correre: grandi risate e entusiasmo da bambini allo stadio! Sicuramente abbiamo beccato un sacchetto di plastica, penso, che delusione. Infatti quando la fine della lenza si avvicina alla barca è troppo chiaro e azzurro. Peccato, è un sacchetto di plastica ma riproveremo.
Facciamo per tirare su e cavolo no, è una bella palamita! Giù il transom, arpione e via. La bestia si dimena ma Matt la solleva e la butta in barca. Coltellaccio per risparmiarle sofferenza, appeso per la coda e dissanguato come di rito e via di filetti. Siamo ad occhio sui 15 kg. Sembra tanto ma una volta pulito - via la testa, via gli organi- non resta mica così tanto e va giù che è una meraviglia. Porzione giusta per due persone per qualche giorno. Che splendida sensazione: in mezz’ora dal mare direttamente in piatto. Preparo un due bistecchine alla griglia, olio di oliva top di Andreea, un pizzico di sale e basta. Broccolo lesso ad accompagnarlo.
Due grossi filetti li metto in salamoia, sale, un po’ di zucchero ed erbe come facevamo a Shanghai nel ristorante DrFab -grande chef Andrea Canciani, ciao CIANI!-, poi ad asciugarsi un giorno o due al vento. Una pancetta di tonno niente male, peccato non avere gli strumenti per affumicarlo. Con la barca decorata con penzolanti salmoni di pesce, che penzolano dal boma come da un albero di Natale, e circa un chilo e mezzo di pesce nel frigo veleggiamo più allegri verso Suez. Il mare ci nutre. Ne siamo riconoscenti.

21 marzo bis - Simbiosi

Passando Creta e lasciandocela a Ovest, siamo rimasti per tutto il giorno in compagnia di un piccolo uccellino che saltellava in giro per la barca senza sosta. Ho provato a dargli qualche briciola di pane ma non ho riscosso nessunissimo interesse. Mi sono accorto invece che l’uccelletto aveva trovato in quest’isola galleggiante un paradiso – anche se non terrestre. Con movimenti rapidi e precisi ha divorato senza sosta tutte le zanzare, le mosche e gli altri insetti volanti che non so come avevamo accumulato a 15 miglia dalla costa cretese. Simpaticissima compagnia.
Sta notte deve essere tornato a casa: 20-25 miglia circa di volo per un passerotto così piccolo. La natura è incredibile!
O forse sta appollaiato nascosto da qualche parte con la pancia piena e ha deciso di venire con noi in Africa.

22 marzo - A poche miglia da Alessandria D’Egitto

Chi va piano va sano e va lontano. Fa un certa sensazione essere a meno di 80 miglia da Alessandria d’Egitto. Le palme, la sabbia, i datteri, il casino nordafricano. E sembra un deserto il Mar Mediterraneo, piatto come il golfo di Trieste e profondo 100 volte tanto. CENTO VOLTE PIÙ PROFONDO… Adesso mi tuffo!
Avanziamo a motore lentamente, senza fretta, ma dobbiamo muoverci perché domenica è attesa una tempesta. E non è tanto la navigazione quanto ormeggiare a Port Said con 35-40 nodi di vento e onde. Potrebbe diventare impossibile e potrebbe costringerci ad aspettare al largo per un paio di giorni.

Il sole comincia a scottare, lo sento sulla pelle. Matt si rintana sempre più spesso in cabina e esce fully covered. Ci dividiamo gli spazi in modo naturale… Un paio d’ore al motore poi dovrebbe tornare il vento. O almeno così si spera. Ad ogni modo abbiamo abbastanza diesel per arrivare fino a destinazione a motore. Ancora 175 miglia, circa 180 litri, con i 1500 giri del Volvo Penta 75 che ci spinge a quasi sette nodi overground grazie ad una corrente favorevole di più di un nodo di velocità.
Port Said è la fermata obbligatoria per l’entrata a nord di Port Suez, posto di cui si legge poco di buono e dal quale levar le ancore il prima possibile. Prima di arrivare prenderemo a bordo un pilota per entrare in marina. Sbrigate le formalità, 650 euro per il passaggio del canale e 400 di assicurazione e tasse varie, ci sbarazzeremo di un paio di stecche di sigarette e di qualche bottiglia di whisky. Alle 10 di mattina probabilmente di lunedì ,avremo un pilota a bordo che, senza pilotare, ci accompagnerà fino a quasi metà canale di Suez, a Ismailia, dove passeremo la notte per poi ripartire con un altro pilota fino a Port Suez.
Port Suez a differenza di Port Said dovrebbe essere più civilizzato e piacevole. Abbiamo in programma di fermarci lì un paio di giorni per riprendere fiato e far cambusa. Poi tutto il Mar Rosso d’un fiato, con vento in poppa, veloce e indolore, Genaker e via. Passiamo Bab el-Mandeb e li Gibuti Djibuti – basi militari americane, cinesi e molto di più. Posto costoso ma sicuro dove una birra costa 8 euro, ma dal quale preparare la traversata oceanica fino all’India.